A seguito del ricorso presentato da parte dalle associazioni ambientaliste (WWF Italia ed altre) sulla legittimità dell’impianto dell’art. 37 (interventi di controllo, come richiamato dall’art. 19 della L. n. 157/92) delle Legge Regionale Toscana n. 3 del 12.01.1994, la Corte Costituzionale, con propria Sentenza n. 21 del 17 febbraio u.s., ha rigettato tale impugnazione, relativamente ai commi 3 e 4 dello stesso articolo, mentre, per ciò che riguarda i successivi commi 4 ter e 4 quater, sono state sollevate questioni di illegittimità.
Di fatto, la normativa regionale toscana, dispone, nel rispetto dei dettami della Legge Quadro Nazionale, che, nel caso di inefficacia dei “metodi ecologici”, volti alla prevenzione dei danni che alcune specie provocano alle produzioni agricole, si adottino piani di abbattimento, coordinati dalle Polizie Provinciali che, anche in considerazione della complessità gestionale, si avvalgono della collaborazione dei proprietari e conduttori dei fondi agricoli, delle altre forze di polizia e delle guardie giurate venatorie volontarie di cui all’ art. 51 delle stessa Legge Regionale n. 3/94, purchè in possesso di porto d’armi. Il comma 4 dell’ art. 37, dispone, infine, che le figure richiamate in premessa, possano essere affiancate da soggetti che abbiano partecipato ad appositi corsi di preparazione, di fatto poi organizzati dalle Associazioni Venatorie, o, antecedentemente alla riforma Del Rio, in via prioritaria dalle Province.
La Sentenza richiamata, ha confermato la legittimità dei contenuti sopra riferiti, mentre, si è espressa in maniera negativa sul successivo comma 4 ter dello stesso articolo, che, richiamandosi all’art. 28 quater della stessa L. n. 3/94 recitava che “i cacciatori iscritti nel registro regionale dell’art. 28 quater sono equiparati ai cacciatori di cui al comma 4, per le specie di riferimento”. Ciò significava che, i cacciatori di ungulati ed i cacciatori iscritti all’albo regionale della caccia al cinghiale in braccata, erano equiparati, per tali specie, ai cacciatori che, nel rispetto delle disposizioni nazionali (art. 19 L. n. 157/92), avevano partecipato a specifici corsi di formazione per il contenimento delle specie di riferimento, che, nel caso di che trattasi, è la specie cinghiale, come appunto previsto dal comma 4 dell’ art. 37 della L.R. toscana n. 3/94.
Alla luce di tale Sentenza, La Regione Toscana, di riflesso, ha quindi ritenuto nulle tutte le abilitazioni rilasciate anche dalla province toscane, che consentivano l’attività di controllo sul cinghiale ai sensi del richiamato art. 37 nelle forme delle girata, dell’appostamento e della braccata, rilasciate senza partecipazione ai corsi di formazione e quindi semplicemente a seguito di richiesta da parte dei cacciatori interessati, come “ampliamento” dell’attestato che li abilitava alla caccia al cinghiale in braccata, ma da calendario venatorio.
Scendendo nel dettaglio e, a titolo esemplificativo, la sola Provincia di Arezzo, dai primi anni 2000 al 2015, anno in cui le competenze in materia faunistico venatoria sono transitate alle regioni, aveva abilitato, senza la partecipazione a corsi e con il metodo sopra descritto, circa seimila cacciatori, cioè chi, quale iscritto ad una squadra di caccia al cinghiale, aveva presentato istanza volta all’ottenimento dell’attestato di abilitazione alle attività di controllo del cinghiale, attestato che veniva rilasciato, come detto, quale “ampliamento” dell’abilitazione posseduta per l’esercizio della caccia al cinghiale in braccata.
La problematica conseguenziale, al momento, è di forte impatto sui territori per ciò che riguarda il controllo di una specie che, come noto, è fonte di danni alle produzioni agricole, oltre che pericolo per la sicurezza stradale, in considerazione del fatto che gli interventi di contenimento sono di difficile attuazione, per la mancanza di personale, oggi non più abilitato in virtù della citata Sentenza n. 21.
Sempre a titolo esemplificativo, nella stessa provincia, gli abilitati agli interventi di controllo sul cinghiale, risultano 360, cioè chi ha partecipato a corsi di formazione sulle specie invasive ed opportuniste della durata di 18 ore, che le associazioni venatorie provinciali hanno organizzato dal 2016 ad oggi.
Al momento, stante il periodo interessato dall’emergenza Covid-19, le vigenti normative vietano di organizzare lezioni in presenza e la modalità che la Regione Toscana consente alle Associazioni Venatorie che intendono organizzare i corsi per il rilascio delle abilitazioni al controllo della fauna selvatica è quella da remoto con non più di 25 partecipanti a sessione; problemi sopra problemi, quindi, problemi ed ancora problemi, se teniamo conto che l’età media del cacciatore è elevata e che quindi non per tutti è facile avvicinarsi alle moderne tecnologie telematiche ed informatiche, anche semplicemente per partecipare ad un corso.
Se pensiamo inoltre che, come disposto dalla Regione Toscana, il cacciatore cui interessa ottenere solamente l’abilitazione per il controllo del cinghiale, in quanto venuta meno conseguentemente alla Sentenza di che trattasi, deve obbligatoriamente partecipare alle lezioni anche delle altre specie oggetto del corso, che possono non essere di interesse, oppure specie delle quali l’interessato ha già il possesso dell’abilitazione, la problematica si moltiplica enormemente, con le critiche legittime che merita dal mondo venatorio e da chi ha il dovere di rappresentarlo, primi tra i quali l’Enalcaccia, mossasi nelle sedi opportune a difesa dei propri associati e del territorio.
Arezzo, 13.05.2021
f.to Iacopo Piantini
Presidente Provinciale Enalcaccia Arezzo – Vice Presidente Nazionale Enalcaccia